Il doblone maledetto
Introduzione
"Io l'ho vista!" disse il vecchio vestito di scuro, seduto all'angolo.
Era solo, e urlò la frase sbattendo un grosso boccale di birra di fronte a sé.
"Voi scherzate, parlate di maledizioni e mostri come fossero bazzecole, ma l'orrore... L'ORRORE, VI DICO! Quello non lo potete nemmeno immaginare. Io stesso non oserò pronunciarlo qui, ma l'ho ceduto e questo è il risultato."
Sollevò la gamba di legno mezza marcia, rivelando, nel movimento, anche un dettaglio ancora più inquietante: il cappuccio che faceva ombra al suo volto si scostò leggermente, lasciando intravedere un'orbita vuota, senza nemmeno una benda a coprirla.
Qualcuno tra la folla scoppiò a ridere. Ma non tutti. Non chi lo riconobbe.
"È lui, ti dico," si sentì sussurrare.
"Si dice abbia visto l'inizio e la fine di tutto l'arcipelago."
Pian piano le risate svanirono, lasciando spazio al silenzio. Aleggiava un’aura di rispetto, che nemmeno l’ubriachezza dei presenti poteva rompere.
Poco dopo, il vecchio si alzò e se ne andò, lasciando un doblone d’oro sul tavolo. Sopra vi era inciso un teschio deforme. In quel momento, tutti ebbero la certezza che non mentiva.
Ma ormai se n'era andato. E con lui, il silenzio.
Ben presto tornarono i lazzi, il rotolare dei dadi e le risse nella taverna.
Il doblone maledetto
La notte successiva, il doblone era ancora lì, al centro del tavolo, come se nessuno avesse osato reclamarlo. Eppure, il frastuono della taverna continuava: risate, bicchieri che tintinnavano, dadi che rotolavano. Nessuno sembrava farci caso.
“Lo prendo io.”
Un marinaio dai capelli arruffati si alzò tra la folla. Gli altri lo guardarono con un misto di curiosità e timore. Con un gesto rapido, afferrò la moneta e la alzò in alto.
“Ecco! Niente mostri, niente maledizioni!” rise.
Ma nessuno lo accompagnò.
Le lanterne tremolarono, e un’ombra innaturale si allungò sul suo volto.
Poi accadde.
Il doblone, che stringeva ancora nel pugno, divenne rovente. L’uomo urlò e lo lasciò cadere. Il metallo atterrò con un suono acuto, e la stanza intera trattenne il respiro.
Una nebbia sottile cominciò a serpeggiare dal pavimento, salendo lenta fino al tavolo.
Nel silenzio spettrale, un sussurro si levò. Le parole erano flebili e incomprensibili, ma portarono con sé un gelo innaturale. La nebbia si mosse come una creatura viva, strisciando attorno alle gambe dei presenti, che si ritirarono tremanti.
“Questa moneta non appartiene a noi…”
Qualcuno lo disse. Nessuno sapeva chi. Ma tutti annuirono.
Quando la nebbia svanì, il doblone era ancora lì. Intatto.
Quella notte, i più coraggiosi giurarono di aver visto il teschio inciso sulla moneta sorridere.
E così, il doblone restò sul tavolo. Immobile. In attesa.
Il piccolo Richard
Richard aveva da poco compiuto 14 anni. La sua non era stata una vita felice.
Nato da una prostituta in un bordello del porto, non aveva mai conosciuto suo padre. Sua madre era morta pochi minuti dopo averlo messo al mondo, lasciandolo solo tra le strade umide e marce della città portuale. Cresciuto in orfanotrofio, era stato sbattuto fuori non appena ritenuto abbastanza grande da cavarsela da solo.
Si fermò davanti a un’osteria. Ci era passato davanti molte volte, ma non aveva mai avuto il coraggio di entrare. Sapeva che luoghi come quello erano pieni di pericoli: schiavisti, uomini violenti, marinai ubriachi.
Eppure, era anche un posto di opportunità.
Si fece forza. “Ormai sei adulto. Forza!” si disse. E varcò la soglia.
L’odore lo colpì subito: tabacco, sudore, alcol. Il rumore era assordante. Uomini bevevano, giocavano a dadi, ruttavano e ridevano sguaiatamente. Nessuno sembrava far caso a lui.
Si sedette all’unico tavolo libero. Poi lo vide.
Un doblone d’oro.
Lo fissò, rapito. Era caduto dalla tasca di qualcuno? Era una trappola? Da quanto tempo era lì?
Nessuno sembrava badarci.
Basta. Era il momento di agire. Con un gesto rapido, si chinò e lo raccolse. Se lo infilò in tasca.
Subito, sentì il cuore martellargli nel petto. Sembrava che tutti potessero sentirlo. Ma nessuno lo notò.
Si alzò dallo sgabello e si diresse verso l’uscita.
Fu allora che sentì un sussurro.
"Richard..."
Si fermò. Si guardò intorno, ma nessuno sembrava aver parlato.
Decise di ignorarlo e uscì.
Il Custode
Appena fuori dall’osteria, il vento cambiò. Le ombre sembravano allungarsi, seguendolo. Un brivido gli attraversò la schiena.
Raggiunse il molo, sperando che l’aria marina lo calmasse.
Si sedette su una cassa di legno e tirò fuori il doblone. Alla luce della luna, il teschio inciso sulla moneta sembrava muoversi.
All’improvviso, il metallo si scaldò.
Richard lo lasciò cadere con un grido.
La moneta rimbalzò sul legno e... iniziò a rotolare da sola.
Una luce spettrale azzurrina la circondò.
Poi, una figura apparve.
Era un uomo, o meglio... quello che ne restava. Alto e scheletrico, avvolto in un mantello di nebbia. Il suo volto era un teschio, e gli occhi bruciavano di una luce verdastra.
“Quella moneta… non è tua, ragazzo.”
Richard deglutì, paralizzato dal terrore.
Il doblone levitò da solo.
“Questa è una chiave, non un premio. Un destino, non una ricompensa. E ora, sei legato a me.”
Richard trovò la voce. “Chi… chi sei? Cosa vuoi da me?”
La figura rise.
“Io? Sono il Custode. E tu hai appena accettato il mio patto. La domanda non è cosa voglio io…
La domanda è: cosa farai tu, ora che sei dannato?”
Un’ondata di gelo lo avvolse.
Il Custode svanì in un vortice di fumo. Sul legno del molo, il doblone giaceva immobile.
Richard lo fissò. Una voce gli sussurrò nell’orecchio.
Non più gelida. Tentatrice.
"Vuoi potere, ragazzo? Vuoi vendetta? Seguimi, e il mondo sarà tuo..."
Richard sapeva che la moneta era maledetta.
Ma qualcosa dentro di lui si agitava.
Forse... questa era la sua occasione.
Il Patto Oscuro
Richard rimase fermo sul molo, il cuore ancora martellante nel petto. La voce gli risuonava nella mente, suadente come il canto di una sirena, ma con un che di minaccioso sotto la superficie.
"Vuoi potere, ragazzo? Vuoi vendetta?"
La verità era che non aveva mai pensato a sé stesso come a qualcuno destinato a qualcosa di grande. La sua vita era stata una battaglia continua per la sopravvivenza, e ora, per la prima volta, aveva l’impressione che qualcosa lo stesse scegliendo. Non sapeva se fosse il destino o una dannazione, ma qualunque cosa fosse, non aveva nulla da perdere.
Con le mani tremanti, raccolse il doblone.
Sentì un formicolio lungo il braccio, come se la moneta stesse pulsando di vita propria. Poi, il mondo intorno a lui cambiò.
Il rumore del porto si affievolì, le luci si fecero più fioche e l’aria si riempì di un odore di sale e decomposizione.
Davanti a lui, l'acqua del molo sembrò incresparsi in modo innaturale. Da sotto la superficie emersero ombre, sagome indistinte, figure che si muovevano con lentezza.
Richard deglutì, cercando di convincersi che fosse solo un’illusione.
Ma non lo era.
Uno di quegli esseri emerse completamente. Un uomo. O quello che ne restava.
La pelle era grigia e raggrinzita, gli occhi infossati e vuoti come due pozzi senza fondo. Indossava un logoro cappotto da capitano, decorato da bottoni d’oro anneriti dal tempo. Quando parlò, la sua voce sembrò provenire direttamente dagli abissi.
"Hai preso il doblone, e ora la tua anima è segnata."
Richard strinse i denti. "Chi sei?"
"Non chi, ragazzo. Cosa. E presto, lo sarai anche tu."
Lentamente, il capitano allungò una mano ossuta. Un anello annerito scintillava a una delle sue dita scheletriche.
Richard sentì un fremito dentro di sé: paura, sì, ma anche qualcos’altro. Un’oscura curiosità.
"Vuoi scoprire il segreto del mare? Vuoi il potere di non dover più temere nessuno? Io posso dartelo."
Richard rivide tutta la sua vita in un istante.
La fame. La solitudine. Le botte prese nelle strade del porto.
Lo sguardo sprezzante di chi lo considerava un avanzo di bordello.
Un ragazzo senza futuro.
E ora aveva una scelta.
Non serviva pensarci troppo.
Stringendo il doblone nel pugno, fece un passo avanti.
"Dimmi cosa devo fare."
Il capitano sorrise, o almeno, fece qualcosa che somigliava a un sorriso.
Le ombre dietro di lui si agitarono, come se fossero impazienti.
"Prima di tutto, dovrai dimostrare di essere degno."
Richard sentì il molo scomparire sotto i suoi piedi.
Il mondo intorno a lui si dissolse in un vortice d’acqua, un turbinio oscuro che lo inghiottì senza dargli il tempo di gridare.
Poi, tutto divenne nero.