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Il piccolo Richard

Richard aveva da poco compiuto 14 anni. La sua non era stata una vita felice.

Nato da una prostituta in un bordello del porto, non aveva mai conosciuto suo padre. Sua madre era morta pochi minuti dopo averlo messo al mondo, lasciandolo solo tra le strade umide e marce della città portuale. Cresciuto in orfanotrofio, era stato sbattuto fuori non appena ritenuto abbastanza grande da cavarsela da solo.

Ora, camminava nel caos del porto, con un pensiero fisso: trovare qualcosa da mangiare.

Si fermò davanti a un’osteria. Ci era passato davanti molte volte, ma non aveva mai avuto il coraggio di entrare. Sapeva che luoghi come quello erano pieni di pericoli: schiavisti, uomini violenti, marinai ubriachi.

Eppure, era anche un posto di opportunità.

Si fece forza. “Ormai sei adulto. Forza!” si disse. E varcò la soglia.

L’odore lo colpì subito: tabacco, sudore, alcol. Il rumore era assordante. Uomini bevevano, giocavano a dadi, ruttavano e ridevano sguaiatamente. Nessuno sembrava far caso a lui.

Si sedette all’unico tavolo libero. Poi lo vide.

Un doblone d’oro.

Lo fissò, rapito. Era caduto dalla tasca di qualcuno? Era una trappola? Da quanto tempo era lì?

Nessuno sembrava badarci.

Basta. Era il momento di agire. Con un gesto rapido, si chinò e lo raccolse. Se lo infilò in tasca.

Subito, sentì il cuore martellargli nel petto. Sembrava che tutti potessero sentirlo. Ma nessuno lo notò.

Si alzò dallo sgabello e si diresse verso l’uscita.

Fu allora che sentì un sussurro.

"Richard..."

Si fermò. Si guardò intorno, ma nessuno sembrava aver parlato.

Decise di ignorarlo e uscì.